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Gli homeless a Milano di Luca Rotondo

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Gli homeless a Milano di Luca Rotondo

Gli homeless a Milano di Luca Rotondo

Un giovane fotografo racconta per immagini il rapporto degli invisibili con la città

Classe 1989, Luca Rotondo, fotografo milanese, vaga di notte in bici per il centro storico di Milano armato di macchina fotografica e di un attento spirito di osservazione. Dagli studi di economia, Luca è passato alla fotografia e all’esplorazione del paesaggio urbano. Nel 2015 ha vinto il premio annuale del Grin (Gruppo redattori iconografici nazionali), l’Amilcare Ponchielli, con il progetto Metropolitan Lullabies. Questo lavoro è un racconto della relazione tra le vie del centro e i senza tetto.

Viaggio alla scoperta di un mondo sommerso

Spazio e persone in comune hanno la notte. Il risultato sono immagini poetiche dalla doppia lettura: a prima vista perfette fotografie di architettura, ma a un secondo sguardo rivelano dettagli nascosti e inaspettati, come le persone che dormono a terra.

Luca, perché ritrarre la vita notturna degli homeless?
Qualcuno mi ha dato dell’avvoltoio. Ma io ho voluto solo ritrarre l’interazione delle persone invisibili con il centro di Milano. Una città che, sorprendentemente, di notte perde la sua vitalità.

Gli homeless a Milano di Luca Rotondo

Piazza San Fedele, dietro Palazzo Marino. Atmosfere quasi spettrali di una Milano deserta dove però vivono gli invisibili ogni giorno e notte @Luca Rotondo

Gli homeless a Milano, una realtà che pochi conoscono

Quanto tempo hai impiegato per sviluppare Metropolitan Lullabies?
Ho realizzato una prima serie di scatti tra la primavera e l’estate del 2015 e una seconda nell’inverno del 2016. Avendo vinto un premio (Amilcare Ponchiellindr), in un primo momento ho ritenuto il progetto concluso, poi ho notato altri luoghi del centro dove i clochard riposano la notte e allora ho ripreso a scattare.

Quanto durano i tuoi appostamenti?
Faccio un primo giro in bici alla scoperta dell’area che mi interessa per capire dove gli homeless vanno a dormire. Poi torno con la macchina fotografica da mezzanotte fino alle 4/5 del mattino.

Le Onlus che a Milano prestano assistenza ai senza tetto ti hanno dato una mano?
All’inizio no, ho fatto tutto da solo, poi ho contribuito a un’inchiesta giornalistica e molte associazioni di assistenza ci hanno aperto le porte. Come fotografo, però, preferisco essere invisibile anch’io.

Metropolitan Lullabies parla anche della migrazione dei clochard

Esporterai il progetto all’estero?
Ci sto pensando anche perché esiste un fenomeno di migrazione degli homeless. I senzatetto si spostano per motivi non del tutto incomprensibili. Tramite le associazioni ho scoperto che ci sono senzatetto che lasciano la Germania, nazione nota per gli ottimi servizi di assistenza, per l’Italia. In molti chiedono l’elemosina solo per raccogliere i soldi necessari agli spostamenti, ma poi, una volta nella nuova città, fanno esattamente la vita di prima, dormono per strada e non cercano lavoro.

Il 70 per cento dei clochard a Milano sono stranieri, perché succede secondo te?
Molto spesso la nazionalità non c’entra. Sono tutte persone che possono avere forti problemi a integrarsi per questioni culturali o perché hanno avuto pesanti tracolli personali, dalla perdita del lavoro al divorzio a un lutto grave. Sono persone che si ritrovano in strada senza un soldo, ma che non ne chiedono nulla a nessuno, quasi come se fosse un fatto di dignità. Inoltre credo che scegliere di dormire soli, con un riparo di fortuna e non andare nei dormitori sia una scelta: alcuni si sentono più sicuri a stare soli perché così non devono scendere a compromessi con nessuno.

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