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Giorgio Maran: ” vi spiego perché dovremmo tutti lavorare di meno”

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Giorgio Maran

Giorgio Maran: ” vi spiego perché dovremmo tutti lavorare di meno”

Intervista di Elisabetta Pina e Silvia Resteghini

Come sta cambiando il mondo del lavoro? A questa domanda ci sono molte risposte, ma ce n’è una che ci piace molto. È la proposta di Giorgio Maran, classe 1985, laureato in Economia e Scienze Politiche all’Università di Pavia, attivista politico e sociale che ha fatto del lavoro, dell’uguaglianza e della giustizia sociale il proprio terreno d’impegno sia politico sia di studio.

In due libri, Il tempo non è denaro. Perché la settimana di 4 giorni è urgente e necessaria (Altrimedia Edizioni)Quattro giorni. Manifesto per la riduzione della settimana lavorativa (People Pub), Maran spiega la necessità di ridurre l’orario lavorativo e del perché sia una soluzione per una società migliore. Ecco una sintesi della nostra chiacchierata virtuale.

Dopo la pandemia il mood di tutti è il downfishing. Una scelta che non ha età: dai 30enni ai 50enni stiamo mettendo in discussione sia il nostro lavoro sia il nostro stile di vita. Cosa ne pensi?

Era una rivoluzione che era già in atto, partita dagli Stati Uniti. Credo che ora, e non solo per la pandemia, abbiamo la necessita e l’urgenza di rivedere come abbiamo impostato le nostre vite e la quantità di tempo che dedichiamo al nostro lavoro. Per me sono temi importanti su cui rifletto e lavoro da un po’. Mi sono chiesto che cosa possiamo cambiare per vivere in una società migliore.

Ero in cerca di quelle che si chiamano “risposte di progresso” e uno dei punti su cui mi sono subito concentrato è stato la riduzione della settimana lavorativa a quattro giorni. Ripensare alle nostre vite è un tema collettivo che ha bisogno di una risposta costruttiva. Cambiare vita, oggi, è possibile solo per chi ha delle alternative valide, un altro lavoro, un altro reddito. In Italia è ancora troppo diffuso il “lavoro povero”, ovvero il numero di persone che lavorano moltissime ore e non guadagnano abbastanza per condurre una vita dignitosa.

Nonostante se ne annunci a più riprese l’imminente fine, il lavoro rimane il fondamento della nostra società.

 

Giorgio Maran

Cover del suo secondo libro: è il manifesto che spiega nel dettaglio come e perché è necessario ridurre la settimana lavorativa.

Una riflessione inevitabile sull’attuale governo, secondo te cosa succederà? 

Non sono molto ottimista. Mi pare che sul tema del lavoro il centro destra al suo interno abbia posizioni diverse. Ma di solito i governi trovano dei punti di equilibrio con cui cercare le migliori soluzioni per il Paese. Ma non credo che per il lavoro siano in arrivo politiche che migliorino le cose. Qui i salari minimi sono fermi da 30 anni, l’inflazione sale, insomma non ci aspettano tempi facilissimi. Ma ogni governo deve essere messo alla prova.

La scissione tra ciò che siamo costretti a fare per vivere e ciò che siamo nel tempo libero rischia di essere sempre fonte di conflitto, insoddisfazione, preoccupazione.

Secondo te, quindi, quanto è necessario oggi rimettere al centro i bisogni delle persone e il loro tempo libero?

È il tempo in cui al centro non ci posso essere sempre e soltanto i bisogni dell’economia. Lavorare non deve essere un’attività totalizzante, abbiamo tutti bisogno di altro. Di tempo per noi e tutti i nostri lati. Il tempo è il bene più prezioso. Non dimentichiamo poi che c’è anche tanto bisogno della cura delle persone, sia dall’assistenza fisica sia di quella psicologica, e delle relazioni umane. Il lockdown ci ha messo chiaro in testa quanto siano importanti le relazioni. Liberare il tempo dal lavoro ci permette di dedicarci a cose che ci piacciono di più e alla nostra comunità.

Giorgio Maran

È la prima pubblicazione di Maran dove introduce quanto i tempi siano maturi per attuare un cambiamento necessario e capace di generare benessere.

Ma quindi qual è la soluzione? 

Non c’è una sola soluzione ovviamente. Il problema diffuso riguarda non solo la precarietà ma il fatto che il lavoro è diventato sfruttato, povero, frammentato e robotizzato. È un discorso lungo e complesso che mette al centro il fatto che il lavoro rimane una attività umana fondamentale ma che non può ridursi a uno dei modi possibili per ricevere denaro.

C’è bisogno di una politica che metta al centro il lavoro e di un lavoro che metta al centro la libertà degli individui di partecipare e di essere informati sulle decisioni che li riguardano. Occorre, quindi, tornare a parlare di libertà nel lavoro.

Tu parli di tre vantaggi sociali che la settimana ridotta porterebbe: ambiente, parità di genere e salute. Spiegaci meglio…

La riduzione dell’orario di lavoro non è una novità. Già noi lavoriamo la metà dei primi operai, tuttavia lavoriamo di più di un contadino del 1200 le cui mansioni erano determinate dalla luce solare. Io credo che riorganizzare il lavoro e fissare in 4 giorni e 32 ore, a parità di retribuzione, sia la strada migliore possibile.

Un cambiamento che non risolve tutti i mali del mondo, ma aiuta. Oltre alla riduzione dell’orario, si deve accompagnare il diritto alla disconnessione, già riconosciuto in alcuni Paesi come Francia, Italia e le Filippine, vanno poi eliminate tutte le misure volte a favorire gli straordinari, come la detassazione, va invece esteso e reso obbligatorio il congedo parentale, anche per il padre. Andrebbe poi prevista una flessibilità oraria per i lavoratori più anziani: dopo i 50 anni occorre affermare il diritto di ridurre l’orario in modo incrementale.

Infine, vanno estesi i permessi per assistere persone che hanno bisogno. Tutto questo ha indubbiamente dei vantaggi sociali perché, per esempio, permette di sfruttare meno intensamente l’ambiente, diminuendo il contenuto di carbonio e l’impatto dei nostri consumi sul pianeta.

La settimana di quattro giorni, inoltre, apre la strada al raggiungimento della parità di genere, a casa e al lavoro. Per non parlare dei benefici sulla salute: “Nessuno ha mai cambiato il mondo lavorando 40 ore alla settimana”, come ha twittato Elon Musk. È scientificamente provato che lavorare 70-90 ore alla settimana può forse aiutare a far carriera ma non certo ad aumentare quantità e qualità del proprio lavoro.

E i rischi sono tutti sulla salute: insonnia, ansia, depressione, pressione alta. Al contrario diversi studi hanno dimostrato che orari di lavoro più brevi sono correlati a livelli di benessere soggettivo. La disponibilità di tempo permette di svolgere attività che promuovono la crescita personale, la connessione con gli altri e un maggior coinvolgimento verso la comunità.